studiare^3

il mantra che ci ha accompagnato per la gran parte della nostra storia comune era: studia, sennó te fregano

avendo potuto studiare poco a scuola ma avendo recuperato poi con la sua conoscenza enciclopedica in particolar modo delle tecnologie, si era reso conto o convinto che lo studio (formale) potesse essere l’unica forma di redenzione e salvezza in un mondo ingiusto e dalla mobilitá sociale di nuovo ai minimi storici

era anche convinto che le persone piú utili venissero prima o poi selezionate per scopi superiori, forse a causa di informazioni ricevute da un insider

allo stesso tempo peró ci aveva avvisato che rimanendo indipendenti ci saremmo imbattuti in un tetto, un limite predeterminato oltre al quale sarebbe stato quasi impossibile andare a causa dello status quo, nello specifico imposte dirette ed indirette, ingerenza dello stato e leggi spesso antiquate

questo quasi un ventennio prima di risvegliarci nell’incubo turbocapitalista dove le grandi corporazioni non pagano tasse e fagocitano i piccoli e medi, appiattendo gli stipendi, nullificando il potere di acquisto che viene mangiato da IVA e ritenute sul lavoro dipendente

aveva letto il tempo prima che ció avvenisse

sei stato un alieno venuto dal futuro, ti ho capito solo in questi ultimi anni, scusami

el primero

una delle passioni di babbo erano gli orologi automatici, il suo modello preferito era lo ZENITH El Primero di cui ho vaghi ricordi ma poteva trattarsi di una prima serie degli anni 70.

Poi andava fiero di un vecchio RAKETA “made in USSR” che aveva funzioni avanzate tipo un calendario perpetuo.

Rispettava anche l’Omega speedmaster professional – moonwatch probabilmente perchè ha avuto la fortuna di assistere al primo allunaggio, evento che suo padre Renato aveva liquidato come falso.

Credo gli piacesse anche il navitimer Breitling.

ginocchia sbucciate

una mattina di primavera intorno ai miei quattro anni di etá mi ricordo la visita alla bottega poco distante da casa, in via Puccini, l’anziano venditore credo si chiamasse Tonino e vendeva bicilette e motorini.

babbo mi ci porta e scegliamo insieme una bicicletta verde, probabilmente atala, tanto bella quanto inaspettata.

fast forward di qualche ora e giá tentavo di imparare ad andarci, senza ruotini, in via Mastrodicasa.

riesco in qualche modo a prendere il via e felice di aver imparato a mantenere l’equilibrio scordo di guardare avanti e finisco addosso al suo fiorino.

cado, mi rialzo, entro nel pastificio e racconto tutto, mi hai detto: hai imparato a gì in bici…

terra nostra

mi ricordo l’incontro a casa del signor M. per concordare la vendita del terreno, o meglio, della rogaia di Petroia, nel tardo 1991.

il prezzo iniziale era di cinquanta milioni poi abbassato a quarantasette per uno sconto di un milione a bambino.

il terreno era stato venduto per ripicca contro un nipote reo di non aver voluto potare una siepe all’anziana coppia, fantastico esempio di tipica cocciutaggine e vendicativitá perugina.

quel giorno inizia una nuova era scandita dai weekend in campagna, passati nelle due baracche che erano state allestite a mo di casetta e magazzino, poi pian piano anche le intere estati passate sui trattori e poi nei pomeriggi e serate a giocare con i nuovi amici.

terra che diventa un’opera d’arte per la trasformazione subita, dal pozzo apparentemente in una zona fino ad allora senz’acqua, trovato da un rabdomante con estrema precisione.

la pulizia dei rovi, sterpi, ginestre ed altri infestanti onnipresenti prima di allora.

la creazione del viale, piazzetta inferiore e poi lo sterro per le fondamenta, le varie voliere, i due maneggi, il fienaio etc…

i pannelli solari, la pala eolica, il ripetitore radio per il trasferimento della linea fissa di Ponte Felcino.

poi la tanta fatica per la costruzione, travagliata della casa.

la fatica per i terrazzamenti, per l’estrazione delle pietre dai terreni per renderli finalmente coltivabili, l’acqua per renderli almeno un poco fertili, le tonnellate di stabbio sulla terra che era praticamente polvere, povera e secca.

le piante messe a dimora a migliaia, gli alberi a formare le lettere L A O, i cani Chicca, Leeloo, Nero, Pippo, Mattarella ed il compianto Jackyie.

La gatta Agata, le lepri, i conigli, le galline, piccioni, quaglie, le tartarughe.

La pozza in fondo al campo con i pesci rossi.

Le centinaia di giri del campo, quando facevamo insieme tutto il giro della recinzione piantata anche questa con estremo sforzo data la conformazione del terreno.

I momenti di svago quando facevamo lunghe passeggiate chi a piedi chi a cavallo sul percorso francescano.

I fuochi d’artificio, il tiro al bersaglio, le prime volte che abbiamo guidato insieme.

buona fine e buon principio

questa é la frase che si poteva sentire dalle sue labbra in questo periodo dell’anno, ció si riallaccia ad un pensiero che ho fatto qualche tempo fa mentre riflettevo che una volta morti potremmo finire in una specie di limbo che altro non é il grembo di una madre, per poi tornare dopo nove mesi sospesi tra la vita e la morte.

con questo pensiero confortante e che mi fa accettare in maniera logica (ed aderente con un altro dei suoi capi saldi ovvero che nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma) che questa fine, in questo suo corpo mortale, non sia nient’altro che un nuovo inizio e spero caro babbo che tu sia andato in una famiglia di brave persone e che questa volta si prendano cura di te e ti amino quanto ti meriti, anzi come si merita ogni bambino.

non so se é realistico ma spero di reincontrarti ancora una volta e di riconoscerti, intanto ancora una volta grazie per quello che hai fatto, resta con me e dammi la forza di vivere in maniera tale che tu possa essere orgoglioso di quello che hai creato.