caro lettore, è passata una settimana da quando, presumibilmente verso le 12.30 di domenica 24 novembre 2019, ci ha lasciato per sempre.
in origine doveva essere un messaggio per lui, ma in realtà è pensato come messaggio per voi, se avrete voglia di leggerlo, perchè non c’è niente oltre.
era di umili natali ma a modo suo era una signore, nasce in una famiglia numerosa e povera, l’infanzia viene presto interrotta per necessità lavorative e lascia la casa in età pre adolescenziale.
con la prima moglie di cui aveva profondo rispetto prova il primo evento tragico, che lo segna profondamente essendo un episodio che era solito citare spesso: la perdita ancora in grembo di quello che era “il nostro fratellino”.
successivamente inizia la nostra storia comune, nel 1987 nasco come suo omonimo, un’eredità pesante perchè mi ha portato ad un continuo confronto con l’uomo che mi ha dato la vita.
vive a Ponte Felcino, frazione di Perugia, in un appartamento di cui non mi ricordo, con mia madre Tania.
i primi ricordi chiari risalgono al 1991 quando ricordo ancora il portone che si apre ed una cesta che conteneva il terzo più bel regalo della nostra vita, una mattinata di settembre ed una nuova vita nata pochi giorni, sua figlia Ornella.
Precedentemente nell’aprile del 1989 nasce il secondogenito, Alessandro, ci cui però non ho ricordi precedenti.
Ma torniamo a quanto sopra, Ornella, la felicità mia e di Alessandro, il coronamento dei suoi sogni, aveva sempre dichiarato che tre era il numero perfetto, mia madre felice di aver avuto una bambina dopo due maschi.
Mi ricordo molto bene le levatacce di mattina presto per andare a fare le consegne mattutine a Perugia, questo era il primo giro e si partiva dal Pastificio verso le 6.00.
Il Pastificio che era la sua passione, una professione inventata ex novo e che segnerà anche un momento di rottura successivamente.
Prima della partenza era d’obbligo la fermata dalla Mariella a prendere un caffè.
Poi mi ricordo l’ingresso laterale dell’Hotel Rosetta, un sottopasso puzzolente prima di entrare nella cucina moderna, il box frigo, a volte la salita alla reception per incassare assegni.
Poi l’hotel Grifone, con l’anziana proprietaria di cui purtroppo non ricordo il nome.
L’hotel il Gabbiano, al Lago Trasimeno, babbo mi aveva detto che la signora era una delle persone che l’aveva aiutato ad imparare a fare la pasta.
Poi Rossano, ad Agello, mi pare che una delle figlie si chiamasse Consuelo.
Poi l’asilo dalle suore, la primina, l’incontro con Iliana e Renzo, amici veri di una vita.
Precedentemente Silvia e Carlo che in qualche modo hanno favorito l’incontro tra papà e mamma e ai quali sono grato.
Il papà sempre impegnato al lavoro, prima alla zona industriale di Ponte Felcino, dove conosce anche Gilberto e gli altri del Profumone, poi gli altri vicini della Max Color.
Successivamente il trasferimento in Via Mastrodicasa 13, dal Sor Tutarini, conosce anche l’anziana vicina Annita alla quale si affeziona, dopo aver perso la madre Annunziata nel 1994.
La mamma è un tema ricorrente nella sua narrativa, è l’unico genitore di cui parla e la rispetta, tiene una foto sempre con se.
Ci racconta dell’estrema povertà, di quando a quattro anni andava a parare i maiali che erano più grandi di lui, della fame vera, quando era costretto a mangiare qualsiasi cosa trovasse all’aperto.
Il probabile diabete infantile che ignora e di cui viene a conoscenza verso la cinquantina quando dimostra i primi problemi di salute fin tanto accasciarsi per un mancamento nel 2005, con la decisione maturata di chiudere il Pastificio, che determina la fine di un’era.
Cede la staffa al nipote che prosegue la tradizione di famiglia.
Qualche anno dopo viene coinvolto in un tentativo di apertura di un piccolo pastificio in Slovacchia ma per una serie di motivi questo non avviene e soffre un primo ictus.
Successivamente i problemi di salute iniziano a diventare più frequenti, causa neuropatie e diabete molto forte.
Non lo abbandona mai la forza sovrumana, mentre prima si dedicava contemporaneamente a lavoro e costruzione della casa di famiglia, successivamente ha avuto tempo di dedicarsi prevalentemente alle faccende intorno alla casa di Petroia e al suo grande amore: i tartufi.
Non ce gimo, c’è già stato Rossi.
Questa è la frase che sintetizza la sua capacità di conduzione del cane, la profonda conoscenza del territorio e della conformazione dei singoli terreni, l’autorevolezza e capacità di addestramento dei suoi partner canini.
In numerose occasioni ha riaddestrato cani anche non suoi, riportati dagli attuali padroni incapaci di tenerli attivi.
Il primo cane di cui ho ricordo è Nocciolina, era una grande bracco pointer di colore nero e bianco, la teneva a Ponte Felcino in un terreno retrostante il Pastificio di Via Mastrodicasa 13. Viene rubata nella notte.
Poi una serie di altri camion dove meritano la menzione di onore Pippo, Nero, Bianchina e l’ultima sua compagna di avventure: Mattarella.
Lei era vicina quando se ne andava ed ha cercato in tutti i modi di attirare l’attenzione e consentendone il ritrovamento.
Un altro grande amico è stato Jackyie, pastore maremmano vissuto 15 anni, più umano che cane e che ho pianto amaramente.
Citava anche un episodio avvenuto al suo pastore tedesco, Chico, vissuto 18 anni. Pare che quando morì, anche il gatto di casa al quale era legato molto fosse andato nella cuccia a lasciarsi morire di crepacuore.
Profondo amante della tecnologia, dell’ecologia, risparmio energetico e di madre natura.
Tra le tante cose era riuscito a contrastare un parassita su una quercia particolare che oltre alla veneranda età si contraddistingue per la sezione quadrangolare dell’imponente fusto.
Ha avuto tanti altri animali, degni di menzione Stella D’Oriente, la cavalla del capitano del popolo per qualche edizione della festa dei Ceri.
Ricordiamo anche la morte poco dopo la nascita del puledrino primogenito, bianco, scivolato fuori dal cancello nella notte e che non è stato possibile salvare nonostante i tentativi del veterinario. Era il frutto di una relazione clandestina avuta con un cavallo comparso una notte di tempesta, sfuggito dal suo maneggio e comparso nel nostro recinto.
Poi la nascita di Franz, avuto da Fasar, di portamento regale e bellissimo.
Ha frequentato ambienti vivaci dai quali ha appreso molto, si è fatto una cultura in particolar modo tecnica ed è stato un genio dei nostri tempi, a volte incompreso.
Dal 2015 ha aggiunto una qualifica al suo palmares diventando nonno prima con Monica e poi con l’adorato Adam, col quale era in contatto quotidiano e che gli somigliava. I nipotini gli davano gioia e rinnovata voglia di vivere. Chi quotidianamente e chi durante le telefonate o visite d’estate.
Non amava l’amministrazione statale che spesso si era trovato contro con l’inutile burocrazia imposta anche sui semplici abitanti, particolarmente pesante da attuare per le piccole imprese che complice anche la crisi sono state fagocitate a grandi numeri in Italia.
Tra i suoi mantra la necessità dello studio per l’elevazione del singolo e la scalata dei vari scalini.
Uomo onesto ed integro, non scendeva mai a compromessi con la propria coscienza.
Preferiva la solitudine alla cortesia di facciata
Lo ricordiamo in particolar modo perchè è stato un uomo libero, con tutto quello che comporta.
Colgo ancora l’occasione per ringraziarti babbo, sono felice di averti detto tutte le cose che mi premeva dirti e scusami se ti ho deluso, farò del mio meglio per fare meglio.
Questo non è l’unico articolo, seguiranno approfondimenti su episodi della vita, invito anche a farsi vivo chi fosse a conoscenza di qualche fatto oppure se vi accorgete di inesattezze.