in viaggio

papá era uno che giá una quindicina di anni fa aveva percorso qualcosa come 3 milioni di km

macinava centinaia di km quotidianamente sui furgoni che avevano tutti percorso in media 700.000km

poi in macchina nei viaggi verso il centro dell’europa, in particolar modo d’inverno, la Slovacchia di Natale passando per l’Austria

quelle ore che sembravano interminabili e che ripeto anche io con le mie ragazze

grazie per i km percorsi insieme

primo natale

questo è il primo natale senza babbo, è già un mese che se ne è andato

tornano alla mente alcuni ricordi, probabilmente il natale 1990, quando andammo ad acquistare i regali di natale da Bragiola, in Via della Pallotta. grande appassionato di tecnologia, ci prese tra l’altro un sega mega drive, con sonic, un gioco di aerei di cui non ricordo il nome ed altri.

ricordo anche i trattori CAT, i primi con comandi a filo, poi anche radiocomandati, uno dei quali aveva anche uno scompartimento dove versare un olio che produceva il fumo di scappamento.

la tastiera AKAI professionale, le macchine e moto elettriche, i computer e tanto altro.

grazie

Pastificio Rossi

un altro ricordo molto remoto é una giornata al pastificio, quando era ancora in via carucciola a Ponte Felcino.

babbo mi aveva preso in mano e mostrato le varie macchine, mi ricordo con certezza la pressa per spianare la pasta, credo mi avesse mostrato il sistema di sicurezza per fermare i rulli.

era una macchina antica che era alimentata a suo tempo da una cinghia e che poi era stata modificata con l’aggiunta di un motore elettrico.

un’altra pressa, questa volta in via Mastrodicasa 13, determina nel 2005 la fine delle attivitá quando, preso da un malore si schiaccia le dita. prima di svenire fa in tempo a premere la retromarcia e salvarsi la mano. inizia la consapevolezza del diabete e il radicale cambio di stile di vita.

voglio pensare che l’aver rallentato un pó la sua vita frenetica si sia allungato la vita, anche se indubbiamente ha perso l’indipendenza economica e sofferto molto per questo.

volare

era una bella giornata primaverile, l’anno credo fosse il 2005, partimmo in quattro dall’aeroporto di S. Egidio, oltre all’istruttore c’erano a bordo mio fratello Alessandro e babbo.

era la prima volta che portavo in volo dei passeggeri, la rotta fu il lago Trasimeno, dall’alto vedeva i luoghi dove aveva lavorato ed abitato, roteando sul lago lo vidi piangere per la prima volta.

l’atterraggio fu perfetto, quando scese vidi sulla sua faccia che quel piccolo fatto era una sufficiente ricompensa dei sacrifici fatti e una piccola coronazione del suo sogno d’infanzia.

aveva fatto di tutto per non farci mancare niente, l’esatto contrario di quello che suo malgrado aveva subito da piccolo.

living, Livigno

uno dei primi ricordi vividi che ho è un paesino di montagna, probabilmente Livigno o una delle cittadine del lato Svizzero.

Alessandro era sufficientemente grande da bere da solo da una bottiglia in vetro di gatorade, la nostra bevanda ufficiale al tempo.

Poteva essere gennaio 91.

Babbo ci aveva anche portato ad una grande gioielleria, di quelle vecchio stile con grandi scaffali di legno a vetrina, ricordo che il negozio era illuminato di luce riflessa ed un alone quasi da santuario.

Li ci comprò il primo di una serie di orologi swatch che dovrebbe essere ancora in giro da qualche parte.

Tornano alla mente i vari viaggi sempre in macchina, in lungo e in largo per l’Europa.

In particolare le festività natalizie in Slovacchia, le visite in Austria, Ungheria, Polonia a Zakopane durante un soggiorno sugli Alti Monti Tatra.

Le angherie della polizia di frontiera e stradale, quando non c’era ancora la libera circolazione di persone e merci.

Le peripezie quando si ruppe la macchina, Lancia Prisma, sull’autostrada austriaca e babbo salí in macchina con un camionista, andò a comprare un pezzo di ricambio in Italia e tornò dopo circa sei ore, per poi sostituirlo e ripartire.

Erano altri tempi e lui era un uomo senza eguali, non c’era difficoltà che non riuscisse a risolvere.

7

caro lettore, è passata una settimana da quando, presumibilmente verso le 12.30 di domenica 24 novembre 2019, ci ha lasciato per sempre.

in origine doveva essere un messaggio per lui, ma in realtà è pensato come messaggio per voi, se avrete voglia di leggerlo, perchè non c’è niente oltre.

era di umili natali ma a modo suo era una signore, nasce in una famiglia numerosa e povera, l’infanzia viene presto interrotta per necessità lavorative e lascia la casa in età pre adolescenziale.

con la prima moglie di cui aveva profondo rispetto prova il primo evento tragico, che lo segna profondamente essendo un episodio che era solito citare spesso: la perdita ancora in grembo di quello che era “il nostro fratellino”.

successivamente inizia la nostra storia comune, nel 1987 nasco come suo omonimo, un’eredità pesante perchè mi ha portato ad un continuo confronto con l’uomo che mi ha dato la vita.

vive a Ponte Felcino, frazione di Perugia, in un appartamento di cui non mi ricordo, con mia madre Tania.

i primi ricordi chiari risalgono al 1991 quando ricordo ancora il portone che si apre ed una cesta che conteneva il terzo più bel regalo della nostra vita, una mattinata di settembre ed una nuova vita nata pochi giorni, sua figlia Ornella.

Precedentemente nell’aprile del 1989 nasce il secondogenito, Alessandro, ci cui però non ho ricordi precedenti.

Ma torniamo a quanto sopra, Ornella, la felicità mia e di Alessandro, il coronamento dei suoi sogni, aveva sempre dichiarato che tre era il numero perfetto, mia madre felice di aver avuto una bambina dopo due maschi.

Mi ricordo molto bene le levatacce di mattina presto per andare a fare le consegne mattutine a Perugia, questo era il primo giro e si partiva dal Pastificio verso le 6.00.

Il Pastificio che era la sua passione, una professione inventata ex novo e che segnerà anche un momento di rottura successivamente.

Prima della partenza era d’obbligo la fermata dalla Mariella a prendere un caffè.

Poi mi ricordo l’ingresso laterale dell’Hotel Rosetta, un sottopasso puzzolente prima di entrare nella cucina moderna, il box frigo, a volte la salita alla reception per incassare assegni.

Poi l’hotel Grifone, con l’anziana proprietaria di cui purtroppo non ricordo il nome.

L’hotel il Gabbiano, al Lago Trasimeno, babbo mi aveva detto che la signora era una delle persone che l’aveva aiutato ad imparare a fare la pasta.

Poi Rossano, ad Agello, mi pare che una delle figlie si chiamasse Consuelo.

Poi l’asilo dalle suore, la primina, l’incontro con Iliana e Renzo, amici veri di una vita.

Precedentemente Silvia e Carlo che in qualche modo hanno favorito l’incontro tra papà e mamma e ai quali sono grato.

Il papà sempre impegnato al lavoro, prima alla zona industriale di Ponte Felcino, dove conosce anche Gilberto e gli altri del Profumone, poi gli altri vicini della Max Color.

Successivamente il trasferimento in Via Mastrodicasa 13, dal Sor Tutarini, conosce anche l’anziana vicina Annita alla quale si affeziona, dopo aver perso la madre Annunziata nel 1994.

La mamma è un tema ricorrente nella sua narrativa, è l’unico genitore di cui parla e la rispetta, tiene una foto sempre con se.

Ci racconta dell’estrema povertà, di quando a quattro anni andava a parare i maiali che erano più grandi di lui, della fame vera, quando era costretto a mangiare qualsiasi cosa trovasse all’aperto.

Il probabile diabete infantile che ignora e di cui viene a conoscenza verso la cinquantina quando dimostra i primi problemi di salute fin tanto accasciarsi per un mancamento nel 2005, con la decisione maturata di chiudere il Pastificio, che determina la fine di un’era.

Cede la staffa al nipote che prosegue la tradizione di famiglia.

Qualche anno dopo viene coinvolto in un tentativo di apertura di un piccolo pastificio in Slovacchia ma per una serie di motivi questo non avviene e soffre un primo ictus.

Successivamente i problemi di salute iniziano a diventare più frequenti, causa neuropatie e diabete molto forte.

Non lo abbandona mai la forza sovrumana, mentre prima si dedicava contemporaneamente a lavoro e costruzione della casa di famiglia, successivamente ha avuto tempo di dedicarsi prevalentemente alle faccende intorno alla casa di Petroia e al suo grande amore: i tartufi.

Non ce gimo, c’è già stato Rossi.

Questa è la frase che sintetizza la sua capacità di conduzione del cane, la profonda conoscenza del territorio e della conformazione dei singoli terreni, l’autorevolezza e capacità di addestramento dei suoi partner canini.

In numerose occasioni ha riaddestrato cani anche non suoi, riportati dagli attuali padroni incapaci di tenerli attivi.

Il primo cane di cui ho ricordo è Nocciolina, era una grande bracco pointer di colore nero e bianco, la teneva a Ponte Felcino in un terreno retrostante il Pastificio di Via Mastrodicasa 13. Viene rubata nella notte.

Poi una serie di altri camion dove meritano la menzione di onore Pippo, Nero, Bianchina e l’ultima sua compagna di avventure: Mattarella.

Lei era vicina quando se ne andava ed ha cercato in tutti i modi di attirare l’attenzione e consentendone il ritrovamento.

Un altro grande amico è stato Jackyie, pastore maremmano vissuto 15 anni, più umano che cane e che ho pianto amaramente.

Citava anche un episodio avvenuto al suo pastore tedesco, Chico, vissuto 18 anni. Pare che quando morì, anche il gatto di casa al quale era legato molto fosse andato nella cuccia a lasciarsi morire di crepacuore.

Profondo amante della tecnologia, dell’ecologia, risparmio energetico e di madre natura.

Tra le tante cose era riuscito a contrastare un parassita su una quercia particolare che oltre alla veneranda età si contraddistingue per la sezione quadrangolare dell’imponente fusto.

Ha avuto tanti altri animali, degni di menzione Stella D’Oriente, la cavalla del capitano del popolo per qualche edizione della festa dei Ceri.

Ricordiamo anche la morte poco dopo la nascita del puledrino primogenito, bianco, scivolato fuori dal cancello nella notte e che non è stato possibile salvare nonostante i tentativi del veterinario. Era il frutto di una relazione clandestina avuta con un cavallo comparso una notte di tempesta, sfuggito dal suo maneggio e comparso nel nostro recinto.

Poi la nascita di Franz, avuto da Fasar, di portamento regale e bellissimo.

Ha frequentato ambienti vivaci dai quali ha appreso molto, si è fatto una cultura in particolar modo tecnica ed è stato un genio dei nostri tempi, a volte incompreso.

Dal 2015 ha aggiunto una qualifica al suo palmares diventando nonno prima con Monica e poi con l’adorato Adam, col quale era in contatto quotidiano e che gli somigliava. I nipotini gli davano gioia e rinnovata voglia di vivere. Chi quotidianamente e chi durante le telefonate o visite d’estate.

Non amava l’amministrazione statale che spesso si era trovato contro con l’inutile burocrazia imposta anche sui semplici abitanti, particolarmente pesante da attuare per le piccole imprese che complice anche la crisi sono state fagocitate a grandi numeri in Italia.

Tra i suoi mantra la necessità dello studio per l’elevazione del singolo e la scalata dei vari scalini.

Uomo onesto ed integro, non scendeva mai a compromessi con la propria coscienza.

Preferiva la solitudine alla cortesia di facciata

Lo ricordiamo in particolar modo perchè è stato un uomo libero, con tutto quello che comporta.

Colgo ancora l’occasione per ringraziarti babbo, sono felice di averti detto tutte le cose che mi premeva dirti e scusami se ti ho deluso, farò del mio meglio per fare meglio.

Questo non è l’unico articolo, seguiranno approfondimenti su episodi della vita, invito anche a farsi vivo chi fosse a conoscenza di qualche fatto oppure se vi accorgete di inesattezze.